Dissesto idrogeologico nel Comasco

Dissesto idrogeologico nel Comasco

03/08/2021 Perigeo 0
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“La pioggia fa sul serio” è un giallo ambientato nell’Appennino tosco-emiliano scritto da Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli. In questo caso, Appennino o Prealpi non fa molta differenza, la dimostrazione di quanto la pioggia possa “fare sul serio” ci è stata data pochi giorni fa, quando il Comasco è stato investito da abbondanti piogge, che hanno causato diffusi fenomeni di dissesto idrogeologico.

Viviamo in un territorio caratterizzato da versanti scoscesi, corsi d’acqua a carattere torrentizio, precipitazioni intense che possono concentrarsi in brevi periodi. La Figura 1 mostra la quantità di pioggia e il livello del Lago di Como rilevati alla stazione di Como Villa Geno nel mese di luglio 2021 (fonte dati: Arpa). Il 25 luglio si sono registrati 82 mm di pioggia alla stazione di Villa Geno; di questi, ben 49 sono caduti in 1 ora, tra le 16 e le 17. La stazione pluviometrica registra la quantità di pioggia in un punto, ma abbondanti piogge hanno interessato tutta l’area lombarda, causando un innalzamento di circa 70 cm del livello del lago in pochi giorni. Sono valori importanti ma non fuori scala, anche in passato si sono registrati eventi simili.

Figura 1: pioggia (barre rosse) e livello del Lago di Como (linea blu) rilevati alla stazione di Como Villa Geno.

Il nostro territorio è ampiamente interessato da fenomeni franosi di vario tipo, che sono censiti nel database IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia). La Figura 2 mostra un estratto del database IFFI per la zona terminale del ramo comasco, i colori rappresentano diverse tipologie di frane.

Figura 2: estratto del database IFFI (https://idrogeo.isprambiente.it/app/).

Il modo con cui gestiamo il territorio ha un ruolo vitale nel determinare l’entità degli effetti di eventi meteorici intensi. I motivi della fragilità del nostro territorio sono vari e si sono succeduti dal dopoguerra a oggi: da una parte c’è stato il progressivo abbandono dei versanti montuosi. Dall’altra, abbiamo assistito a una costante impermeabilizzazione, asfaltatura, atrofizzazione e urbanizzazione del fondo valle. L’acqua ruscella in superficie e trascina con sé detriti, suolo, tronchi e tutto ciò che incontra sul suo percorso. Lo dimostra in modo evidente la Figura 3, che mette a confronto un’immagine satellitare del 22 luglio con una del 29 luglio: si può notare la grande quantità di tronchi e detriti che galleggiano in prossimità del lungolago di Como.

Figura 3: immagini satellitari (fonte Planet https://www.planet.com/ ) del 22 e 29 luglio 2021, le frecce rosse indicano il materiale che galleggia sull’acqua.

Rispetto a qualche decina di anni fa il territorio è cambiato in maniera importante e quindi, a parità di pioggia caduta, i problemi causati sono ogni volta peggiori. Da una parte, è incrementata la quantità di persone in provincia. Ma, soprattutto, ed è forse uno degli aspetti più delicati, abbiamo costruito dove non andava fatto. Oggi chiunque abbia una casa vicino a un fiume vede aumentato il coefficiente di rischio. La quantità di acqua che prima veniva laminata, cioè che veniva rallentata nella sua discesa verso valle dai terrazzamenti, dall’infiltrazione nel terreno, dai boschi ben gestiti, ora non ha più ostacoli e arriva tutta insieme negli alvei delle rogge e dei corsi d’acqua, spesso “tombati” sotto i parcheggi. La portata prima “diluita” in mezz’ora adesso incombe tutta in pochi minuti.

Cosa dobbiamo fare ora? È difficile rispondere, perché non possiamo cancellare quanto fatto negli ultimi 70 anni. Non si possono certo sfollare gli abitanti dalle città, eliminare le strade o togliere l’asfalto.
Innanzitutto, è necessario sviluppare un sistema di allerta in grado di capire quando si è superata la soglia di rischio e, in caso, procedere ad allontanare precauzionalmente le persone dalle proprie abitazioni. D’altra parte, è necessario iniziare a occupare e gestire il territorio in maniera diversa. È un cammino lungo, ma nel frattempo dobbiamo essere consapevoli che il nostro è un territorio fragile e, come tale, va trattato.

Era un settembre che “così piovoso non s’era mai visto”, sostenevano i vecchi del paese. […] A metà del mese c’era stata una vera e propria bomba d’acqua, una cosa da diluvio universale, durata un paio d’ore, roba che veniva giù così fitta da non vedere a due metri di distanza. Poi, fortunatamente, s’era un poco quietata, la pioggia, ma aveva continuato a buttar giù acqua per due notti e due giorni. Il sole si era fatto vedere, per un po’, poi altra acqua, poi un poco di sole poi, neanche a dire, altra acqua.

Come conseguenza inevitabile frane, in qua e in là. Frane più o meno grosse, smottamenti, un macigno rotolato su una strada, dilavamenti vicino ai fossi ingrossati e pezzi di monte che se ne scendevano giù, verso valle.

A ovest, dove il terreno era a bosco di castagneti, le radici di piante secolari tenevano abbastanza saldo il tutto, anche se una parte del territorio aveva cominciato a muoversi, sistemando le piante con inclinazione innaturale. Ma era a est, di là dal fiume, “di là dall’acqua”, come dicevano loro, che il terreno, un poco più dolce, geologicamente diverso, più a solìo, disboscato da secoli per permettere ai contadini ampi spazi di campi coltivabili, cedeva più volentieri. È che i contadini non c’erano più, e più nessuno che un poco le regolamentasse, quelle più o meno ampie distese ora a sterpaglie e qualche pianta solitaria. E molto spesso in quel periodo d’acqua incessante, qualcosa veniva giù.

La pioggia fa sul serio, Mondadori 2014, p. 11-12.

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